Contro la crisi serve allentare la pressione fiscale

Paolo Decaminada, dottore commercialista e revisore contabile dello Studio Decaminada, fa il punto sulle maggiori criticità fiscali dell’ultimo anno e sugli interventi che potrebbero agevolare la ripresa dell’imprenditoria.

Paolo Decaminada, dottore commercialista e revisore contabile dello Studio Decaminada, fa il punto sulle maggiori criticità fiscali dell’ultimo anno e sugli interventi che potrebbero agevolare la ripresa dell’imprenditoria. A complicare il lavoro dei professionisti è la rapidità con cui cambiano le norme, mentre per una ripartenza è auspica­­bile la riduzione del costo del lavoro e della pressione fiscale.

Come valuta le misure anticrisi messe in campo fin qui dal Governo in materia fiscale? Sono state adeguate o servirebbe un intervento più strutturale?
Le misure adottate finora sono deboli, ma riflettono quello che è concesso dallo stato di salute della nostra economia.
I ristorni sono stati per molte categorie limitati e insufficienti a colmare le perdite subite. Per alcuni non vi è stato alcun ristorno a fronte della minore operatività. Molte aziende hanno utilizzato la cassa integrazione guadagni in deroga, in molti casi però i periodi concessi sono stati insufficienti rispetto all’effettiva inattività nel periodo emergenziale e i pagamenti diretti sono quasi sempre arrivati in ritardo. Ma, come detto, questo era quanto disponibile.
Per contro, si è molto spinto sull’accensione di nuovi finanziamenti bancari, a condizioni agevolate e garantiti dallo Stato e naturalmente molti soggetti hanno aderito a questa possibilità per far fronte alla mancanza di liquidità creata dall’interruzione dell’attività a seguito della pandemia. Si tratta spesso di finanziamenti di importo modesto che hanno consentito di far fronte alle esigenze di cassa di breve periodo e magari di pagare regolarmente imposte e contributi medio tempore dovuti.
C’è però un errore di fondo. La riduzione dei ricavi va compensata con altri ricavi (contributi a fondo perduto, non restituibili) o con la riduzione dei costi fissi (ad esempio, il costo del lavoro), e non dall’accensione di un prestito che peggiora la situazione finanziaria dell’azienda e necessita di ulteriori coperture in futuro per garantirne il rimborso.
Questi finanziamenti dovranno essere restituiti in un arco di tempo abbastanza breve (mediamente tra i cinque e i sette anni) quando ad oggi non è chiaro quanto tempo sarà necessario per recuperare quanto perso in quest’anno di crisi e quindi non sappiamo se le imprese, nel momento in cui scatterà l’obbligo di restituzione, saranno in grado di far fronte all’impegno assunto per il rimborso del prestito che spesso si somma ad altri impegni precedentemente assunti e che sono in questo momento oggetto di moratoria.
Per questo è necessario valutare l’allungamento del piano di ammortamento dei finanziamenti concessi con durate anche superiori a dieci anni per gli importi più rilevanti.

Quali sono le principali criticità che stanno affrontando le aziende dal punto di vista fiscale?
Le criticità sono di ogni natura e specie, non solo fiscali.
La crisi attuale segue un periodo molto lungo di generale difficoltà di sistema, pertanto numerosi operatori economici erano già in affanno e la situazione creatasi non ha fatto altro che peggiorare situazioni in molti casi già critiche.
Il perdurare della situazione di emergenza rischia di minare anche la solidità delle aziende più patrimonializzate e performanti nel periodo ante-crisi.
Va però sottolineato come molti operatori hanno visto in questa situazione un’opportunità per riorganizzare e orientare in maniera diversa il proprio business al fine di affrontare con successo i nuovi scenari economici.
Un esempio, e lo dico con un pizzico di sano orgoglio, abbiamo voluto sperimentarlo e metterlo in pratica proprio nel mio Studio che negli ultimi 12 mesi ha avviato un complesso, ma premiante percorso sia di innovazione di processo che di rafforzamento delle competenze.
Sono certo, proprio per le criticità illustrate prima, che la scelta fatta ci porterà ad essere un punto di riferimento per le imprese, in particolare quelle che operano in Trentino o che intendono radicarsi in Trentino, anche per beneficiari delle importanti provvidenze pubbliche che la nostra autonomia speciale concede.
Fanno da contraltare, invece, le difficoltà che devono quotidianamente affrontare gli studi dei dottori commercialisti ed esperti contabili che navigano quotidianamente tra proroghe dell’ultima ora e norme cambiate all’ultimo momento, adempimenti che aumentano continuamente, rinvii che vengono concessi quando oramai lo Studio ha ultimato con fatica e spesso con ore straordinarie la pratica nei termini che la norma originariamente imponeva.
I dottori commercialisti ed esperti contabili devono avere tempo per seguire i propri clienti e fornire in questo momento la consulenza adeguata alla situazione emergenziale in essere, indicare la scelta strategica corretta, anche quella estrema della chiusura se necessario, e guidare la corretta gestione dell’impresa.

Quali interventi di natura fiscale potrebbero agevolare le imprese e favorirne il rilancio?
È ormai indifferibile un patto forte tra le imprese e lo Stato che a fronte di un preciso impegno ad investire e mantenere se non incrementare i livelli occupazionali, ottengano innanzitutto riduzioni strutturali del costo del lavoro e riduzione della pressione fiscale; e poi la riedizione del “concordato fiscale preventivo” proposto nel 2003 che combini riduzione della pressione fiscale, riduzione degli adempimenti e limitazione dei poteri di accertamento, magari accompagnato dalla possibilità di definire in maniera veramente agevolata
carichi fiscali pregressi che la congiuntura attuale ha reso definitivamente inesigibili, adottando la logica molto comune nel privato dei “pochi, maledetti e subito”, consentendo alle imprese di riprendere con sufficiente serenità la normale operatività una volta usciti dalla crisi. Infine, ma parimenti fondamentale, deve essere fatta una manovra che agisca sulla propensione al consumo dando maggiore capacità di spesa al lavoratore dipendente a parità di costo per l’azienda.

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