Il contributo a fondo perduto del decreto Sostegni

Il contributo a fondo perduto del Decreto Sostegni. Lo analizza un documento messo a punto dal Consiglio nazionale e dalla Fondazione dei commercialisti
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Il contributo a fondo perduto del Decreto Sostegni. Lo analizza un documento messo a punto dal Consiglio nazionale e dalla Fondazione dei commercialisti che si focalizza sulle caratteristiche principali dell’art. 1 del decreto legge 22 marzo 2021 n. 41, convertito con modificazioni dalla legge n. 69 del 21 maggio 2021, dedicando particolare attenzione ai presupposti per la fruizione del beneficio, alle indicazioni di prassi amministrativa relative alla corretta quantificazione del contributo, nonché alle modalità di predisposizione e di trasmissione della relativa istanza. Il contributo a fondo perduto introdotto dal Decreto “Sostegni”, è finalizzato ad aiutare le attività economiche danneggiate dall’emergenza da Coronavirus ed è riconosciuto ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione e a quanti producono reddito agrario, titolari di partita Iva, a condizione che abbiano subito una riduzione non inferiore al 30 per cento dell’ammontare medio mensile del fatturato dell’anno 2020 rispetto a quello dell’anno 2019.
Il beneficio è riconosciuto anche a quanti hanno avviato la loro attività successivamente al 2019. Il contributo ha natura e finalità analoghe a quello disciplinato dall’articolo 25 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (il c.d. Decreto “Rilancio”), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Pertanto, sottolineano i commercialisti, al contributo possono estendersi, per quanto compatibili, le indicazioni fornite dalla prassi amministrativa in relazione al beneficio introdotto con il Decreto “Rilancio”.
Sotto il profilo soggettivo, il contributo spetta ai titolari di reddito agrario di cui all’articolo 32 del Tuir nonché ai soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo con ricavi (ex articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del Tuir) o compensi (ex articolo 54, comma 1, del Tuir) non superiori a 10 milioni di euro nel secondo periodo d’imposta antecedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del Decreto “Sostegni” (quindi nel 2019, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). Per meglio delineare l’ambito soggettivo di applicazione della misura in esame, il documento richiama i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con le circolari 14 maggio 2021, n. 5/E (par. 1) e 13 giugno 2020, n. 15/E, in cui è stato precisato che il contributo a fondo perduto interessa i seguenti soggetti: imprenditori individuali e società in nome collettivo e in accomandita semplice che producono reddito d’impresa, indipendentemente dal regime contabile adottato; soggetti che producono reddito agrario, sia che determinino per regime naturale il reddito su base catastale, sia che producano reddito d’impresa; società ed enti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del Tuir; stabili organizzazioni di soggetti non residenti di cui alla lettera d), del comma 1, dell’articolo 73 del Tuir; enti non commerciali di cui alla lettera c), del comma 1, dell’articolo 73 del Tuir che esercitano, in via non prevalente o esclusiva, un’attività in regime di impresa in base ai criteri stabiliti dall’articolo 55 del Tuir, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti; persone fisiche e associazioni di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir che esercitano arti e professioni, producendo reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53 del Tuir; società tra professionisti.
Dal contributo a fondo perduto, sono espressamente esclusi: i soggetti la cui attività risulti cessata al 23 marzo 2021 (data di entrata in vigore del Decreto “Sostegni”); i soggetti che hanno attivato la partita Iva dal 24 marzo 2021 in poi (vale a dire, dopo l’entrata in vigore del Decreto “Sostegni”), con l’eccezione delle partite Iva aperte dagli eredi per proseguire l’attività del de cuius (soggetto persona fisica) titolare di partita Iva prima di tale data; gli enti pubblici di cui all’articolo 74, comma 2, del Tuir; gli intermediari finanziari, le società di partecipazione finanziaria, non finanziaria e assimilati, di cui all’articolo 162-bis del Tuir; gli enti e le persone fisiche che producono redditi derivanti da attività commerciali o di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, rientranti nella categoria dei redditi diversi, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettere i) e l), del Tuir. Per le imprese in liquidazione, l’Agenzia delle entrate, con riferimento al contributo istituito con il precedente Decreto “Rilancio”, ha ritenuto che se la fase di liquidazione era stata già avviata alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid (vale a dire al 31 gennaio 2020, come da Delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020), le stesse non potevano beneficiare del contributo in quanto l’attività ordinaria risultava interrotta prima del verificarsi dell’emergenza epidemiologica, in ragione di eventi diversi. Viceversa, se la fase di liquidazione era stata avviata successivamente alla predetta data, considerata la ratio legis, alcuna preclusione alla fruizione del beneficio poteva derivare dallo stato di liquidazione. Con la circolare n. 5/E del 2021 (par. 1.1), adottata in relazione al contributo erogato con il Decreto “Sostegni”, l’Agenzia delle entrate ha specificato che resta fermo in ogni caso quanto chiarito con la comunicazione del 29 giugno 2020 della Commissione europea – che ha modificato alcune condizioni relative alle misure temporanee di aiuti di Stato ritenute dalla Commissione stessa compatibili a norma dell’articolo 107, paragrafo 3, lettere b) e c), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) alla luce della pandemia da Covid-19 – secondo cui gli aiuti possono essere concessi alle microimprese o alle piccole imprese (ai sensi dell’allegato I del regolamento generale di esenzione per categoria) che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019 in base alle definizione di cui all’articolo 2, punto 18, del regolamento (UE) n. 651/2014, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio (che non abbiano rimborsato) o per la ristrutturazione (e siano ancora oggetto di un piano di ristrutturazione). Alla luce di tale premessa, l’Agenzia ha ritenuto che i soggetti la cui procedura di liquidazione risulti avviata successivamente alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19 possono fruire del contributo a fondo perduto di cui al Decreto “Sostegni”, in presenza degli ulteriori requisiti, a condizione che “non siano imprese soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio (che non abbiano rimborsato) o aiuti per la ristrutturazione (e siano ancora oggetto di un piano di ristrutturazione)”, come disposto nel framework temporaneo. Per quanto concerne la determinazione della soglia massima di ricavi o compensi (10 milioni di euro nel 2019) prevista quale primo requisito di accesso al contributo, l’Agenzia delle entrate ha precisato che: va determinata, per ciascuna tipologia di soggetto, tenendo conto delle proprie regole di determinazione del reddito; se il soggetto svolge più attività, il limite per l’accesso al beneficio riguarda la somma dei ricavi/compensi riferiti a tutte le attività esercitate; non rilevano, ai fini della determinazione del limite di accesso, le somme addebitate in fattura dai professionisti, con esercizio della relativa rivalsa, a titolo di contributo integrativo alle Casse di previdenza e di assistenza private; non vanno considerate le somme fatturate a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, regolarmente documentate, che sono escluse dalla base imponibile Iva ex articolo 15, n. 3), del dpr n. 633 del 1972; per le persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali titolari di reddito agrario e attività agricole connesse (per esempio, agriturismi, allevamento, ecc.), in luogo dell’ammontare dei ricavi, occorre far riferimento all’ammontare del volume d’affari indicato nel rigo VE50 del modello di dichiarazione Iva 2020. Qualora il dichiarante non sia tenuto alla presentazione della dichiarazione Iva, potrà essere considerato l’ammontare complessivo del fatturato e dei corrispettivi del 2019. Se il soggetto richiedente, oltre all’attività agricola, svolge altre attività commerciali o di lavoro autonomo, occorre considerare la sommatoria del volume d’affari di tutti gli intercalari della dichiarazione Iva relativa al periodo d’imposta 2019; per i rivenditori, in base a contratti estimatori, di giornali, di libri e di periodici, anche su supporti audiovideomagnetici, e per i distributori di carburante e rivendita di tabacchi e beni di monopolio, ai fini della determinazione del summenzionato limite, è necessario fare riferimento alla nozione di ricavi determinata secondo le modalità di cui all’articolo 18, comma 10, del dpr n. 600/1973, ossia al netto del prezzo corrisposto al fornitore; le indennità di maternità eventualmente corrisposte alle lavoratrici autonome, artigiane ed esercenti attività commerciali ai sensi dell’articolo 68, comma 2, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, sono escluse dal computo della soglia dei ricavi anche se le somme di cui si tratta fossero state oggetto in via volontaria di fatturazione, poiché non sono riconducibili ad alcun compenso; nel caso di prosecuzione avvenuta nel corso dell’anno 2019 dell’attività della persona fisica deceduta, l’erede dovrà determinare l’ammontare dei ricavi o compensi dell’anno 2019 con riferimento alle dichiarazioni dei redditi del deceduto e dell’erede; non concorrono alla determinazione della soglia di ricavi/compensi né il contributo a fondo perduto eventualmente percepito ai sensi della disciplina in commento (e le agevolazioni di questa tipologia previgenti), né tutte le ulteriori misure agevolative finalizzate al contrasto della pandemia da Covid-19 (quali, ad esempio, il bonus locazioni di cui all’articolo 28 del Decreto “Rilancio”, il credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro e il credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione di cui agli articoli 120 e 125 del medesimo Decreto “Rilancio”). Per quanto concerne il secondo requisito di accesso al beneficio, il contributo a fondo perduto spetta a condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 sia inferiore almeno del 30 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019. A tal fine, occorre dapprima calcolare l’ammontare complessivo del fatturato e dei corrispettivi conseguito negli anni 2019 e 2020, facendo riferimento alla data di effettuazione della cessione di beni e prestazione di servizi. Pertanto, per le fatture immediate e i corrispettivi dovrà essere considerata, rispettivamente, la data della fattura e la data del corrispettivo giornaliero, mentre per le fatture differite occorrerà riferirsi alla data dei documenti di trasporto o dei documenti equipollenti richiamati in fattura. Posto che il criterio individuato è il momento di effettuazione dell’operazione è utile ricordare che tale momento può essere anticipato per effetto di un’eventuale emissione anticipata della fattura (articolo 6, quarto comma, del dpr n. 633 del 1972).
Ne consegue che l’operazione rilevante ai fini del calcolo del fatturato potrebbe considerarsi effettuata nell’anno, anche in assenza dell’incasso del relativo corrispettivo. In relazione alle modalità di calcolo della riduzione del fatturato e dei corrispettivi, la prassi amministrativa e le istruzioni alla compilazione dell’istanza per il riconoscimento del contributo in esame hanno fornito ulteriori indicazioni operative.
Alla luce di tali chiarimenti, risultano riconducibili alla nozione di fatturato di cui al comma 4 dell’articolo 1 del Decreto “Sostegni”: tutte le fatture attive (al netto dell’Iva) con data di effettuazione compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre degli anni 2019 e 2020, nonché le fatture differite emesse nel mese di gennaio 2020 e 2021 relative ad operazioni effettuate nel mese di dicembre dell’anno precedente; le note di variazione Iva di cui all’articolo 26 del dpr n. 633 del 1972 aventi data compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre degli anni 2019 e 2020; per i commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui all’articolo 22 del dpr n. 633 del 1972, l’importo totale dei corrispettivi (al netto dell’IVA) delle operazioni effettuate negli anni 2019 e 2020; nel caso di commercianti al dettaglio che applicano la ventilazione dei corrispettivi o il regime del margine oppure nel caso delle agenzie di viaggio, l’importo delle fatture e dei corrispettivi può essere considerato al lordo dell’Iva, salvo applicare la stessa regola sia con riferimento al 2019 che al 2020; le cessioni di beni ammortizzabili; le somme addebitate in fattura dai professionisti, con esercizio della relativa rivalsa, a titolo di contributo integrativo alle Casse di previdenza e di assistenza private; le somme di cui all’articolo 13, comma 5, del dpr n. 633 del 1972 relative alla cessione di beni “per il cui acquisto o importazione la detrazione è stata ridotta ai sensi dell’articolo 19- bis.1 o di altre disposizioni di indetraibilità oggettiva” 34; le imprese che operano contestualmente in più attività, con contabilità separata, considerano anche le operazioni effettuate tra le diverse attività svolte e fatturate ai sensi dell’articolo 36 del dpr n. 633 del 1972 (c.d. operazioni per passaggi interni di beni e servizi); per i soggetti aderenti al regime forfetario, ferma restando la rilevanza della data di effettuazione dell’operazione, è necessario fare riferimento alla documentazione tenuta ai fini della verifica del superamento della soglia massima prevista per il regime di cui al comma 54 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014; le imprese che operano nel settore dell’edilizia, nel caso di appalti con stati di avanzamento lavori intermedi, devono tener conto delle fatture emesse nel 2019 e nel 2020 anche in relazione a SAL relativi a periodi precedenti; gli imprenditori agricoli in regime agevolato (ex articolo 34, comma 6, dpr n. 633 del 1972) che svolgono attività di vendita diretta, considerano unicamente le operazioni poste in essere nei confronti di cessionari o committenti che, acquistando beni o servizi nell’esercizio di impresa, hanno emesso apposita autofattura; nel caso in cui i medesimi soggetti operino esclusivamente nei confronti di consumatori finali, si fa riferimento alla documentazione tenuta ai fini della verifica del superamento della soglia massima prevista per il regime agevolato di cui al citato articolo 34, comma 638.

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