La vita (in prima linea) dei praticanti dei grandi studi legali

Ormai da tempo è iniziato il processo che porta i grandi studi legali sempre più verso il modello “big four”. Colossi della consulenza “one stop shop” con centinaia tra collaboratori e dipendenti sparsi in Italia e all’estero. Con un turnover frenetico. Sì, perché negli studi legali d’affari è finito il tempo degli avvocati “fedeli alla causa”, che entravano da neolaureati e puntavano alla carriera e alla crescita per vie interne, fino all’agognata partnership.

Oggi, nelle top law firm arrivano ogni anno decine di giovani freschi di laurea in giurisprudenza, conseguita in corso nelle università più prestigiose d’Italia, con non meno di 105, un’ottima conoscenza dell’inglese e di eventuali altre lingue, esperienze di studio e lavoro all’estero già nel curriculum. Così i grandi studi selezionano la crème degli avvocati del futuro, con contratti di praticantato anche oltre i 1.500 euro al mese. Per intenderci, ben più di quanto fattura mediamente un avvocato nel Sud Italia con oltre dieci anni di esperienza. Ai praticanti vengono offerti inoltre piani formativi ad hoc e la possibilità di entrare subito “nella mischia”, partecipando a riunioni anche internazionali e a deal strategici da centinaia di milioni di euro, sotto la supervisione del partner di turno. Peccato, però, che alla fine dei 18 mesi in pochi vengano confermati e quasi nessuno resti “fidelizzato” allo studio fino alla partnership.

Un esempio per tutti: in BonelliErede negli ultimi tre anni sono passati circa 190 neolaureati e ne sono stati confermati 46 dopo la pratica: il 24 per cento circa. Ancora, in Dla Piper dal 2017 al 2019 sono transitati circa 100 giovani laureati e ne sono rimasti la metà, 52. Sempre in BonelliErede, inoltre, i partner che sono “nati e cresciuti” in studio sono 11 su 87, il 13 per cento. In Dla Piper, solo tre su 55, il 5,4%. Sono solo alcuni numeri che emergono dalla nuova indagine effettuata da Le Fonti Legal, che ha chiesto ai maggiori studi legali d’Italia quali sono le modalità di reclutamento e di crescita interna dei neolaureati. Ma come si entra nei grandi studi legali d’affari? Alcune law firm usano LinkedIn o il portale online Taleo, tutti hanno programmi di job fair o career day organizzati nelle principali università italiane (Bocconi, Federico II di Napoli, Luiss, Statale di Milano e così via), altri ancora privilegiano le candidature spontanee.

I contratti di praticantato offerti, come detto, variano in media tra i mille e i 1.500 euro, e ai giovani viene anzitutto richiesta, di base, l’attività di ricerca nelle varie materie del diritto, il monitoraggio della normativa e delle prassi, attività di due diligence, la redazione di pareri e contratti, l’assistenza durante le riunioni con redazione successiva di documenti di sintesi. Diciotto mesi in prima linea, in cui i praticanti vengono messi alla prova in vista di una futura riconferma, comparendo nei comunicati stampa delle operazioni che contano a fianco dei “guru” del diritto.

Un tempo non troppo lontano, si narra, nell’ufficio dell’allora Bonelli Erede Pappalardo c’era un open space dedicato ai praticanti: veniva definito “l’acquario” perché il partner di turno passava e “pescava” il trainee che gli serviva per affidargli l’attività di “bassa manovalanza”. Sembra passata una vita.

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