Il 3 marzo è entrato in vigore il decreto legge Sostegni con il quale il Governo ha stanziato 32 miliardi di euro a favore di imprese, lavoro e famiglie.
Numerose le novità, molte delle quali hanno riguardato il comparto fiscale: cancellazione delle cartelle esattoriali fino a 5.000 euro del periodo 2000-2010 per i soggetti con reddito inferiore a 30.000 euro; definizione agevolata degli avvisi bonari sui periodi di imposta 2017 e 2018 per i soggetti che hanno subito un calo del volume d’affari del 30% rispetto al 2019; proroga della sospensione delle attività di riscossione coattiva fino al 30 aprile 2021; proroga fino al 31 marzo per le certificazioni uniche e per le comunicazioni dei dati ai fini della precompilata.
Si tratta, in realtà, dell’ennesimo intervento con cui, da un anno a questa parte, il Governo mette periodicamente mano al calendario fiscale. Da marzo 2020 a oggi, infatti, per far fronte all’emergenza epidemiologica, l’Esecutivo ha adottato numerosi provvedimenti di urgenza: dal decreto legge n. 9 del 2020, le cui misure sono poi confluite nel successivo e più ampio intervento legislativo contenuto nel Cura Italia, al decreto Liquidità; dal decreto Rilancio al decreto Agosto, fino ai decreti legge Ristori. La legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020) ha poi prorogato alcune misure emergenziali al 30 giugno 2021, in ragione dell’estensione a tale data del quadro europeo temporaneo sugli aiuti di Stato “Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current Covid-19 outbreak”, adottato dalla Commissione Europea per consentire agli Stati membri di sostenere il tessuto produttivo nel contesto della pandemia da Covid-19. Ciascuno di questi provvedimenti ha introdotto nuove disposizioni o modificato quelle già esistenti nel quadro normativo fiscale, con conseguenze più o meno positive.
Per capire quanto le misure emergenziali si siano rivelate davvero adeguate, Le Fonti Legal ha racconto le opinioni di professionisti esperti del comparto fiscale, che si sono anche espressi riguardo agli interventi ritenuti necessari per velocizzare l’uscita dalla crisi e la ripresa della produttività.
Il giudizio sui provvedimenti ha visto una netta spaccatura fra coloro che li hanno ritenuti “deboli” e chi, invece, ha voluto premiare lo sforzo delle Istituzioni per venire incontro alle esigenze del tessuto imprenditoriale in un momento di grande difficoltà economica: secondo i primi, l’anello debole della catena degli aiuti alle imprese è rappresentato dai ristori, ritenuti insufficienti a colmare le perdite subite da alcune categorie, oltre che mal congegnati poiché legati al calo di fatturato registrato in un mese particolare e non nell’intero periodo pandemico; giudizi negativi anche sulla gestione dei tempi dei pagamenti diretti, considerati troppo lunghi.
Le valutazioni positive, invece, si sono concentrate soprattutto sui provvedimenti a sostegno della liquidità, sul Superbonus 110%, sulle misure per il rafforzamento patrimoniale delle imprese e sui finanziamenti bancari a condizioni agevolate (purché prevedano piani di ammortamento più lunghi).
Per quanto riguarda gli interventi ritenuti necessari per agevolare la ripartenza dell’economia, il più quotato dagli fiscalisti interpellati è l’aumento dei crediti di imposta a favore delle attività di ricerca e sviluppo. Gli investimenti in innovazione, nuove tecnologie e industria 4.0, infatti, sono considerati da molti la via d’uscita dal blocco produttivo e una riorganizzazione solida che si basa su una strategia a lungo termine e sulla sostenibilità, una necessità strategica. Seguono, poi, una maggiore semplificazione della burocrazia e degli adempimenti e una riforma del sistema fiscale.
Fondamentali per velocizzare il rilancio delle aziende saranno anche nuove misure a sostegno di operazioni straordinarie (fusioni, integrazioni) e nuovi pacchetti di contributi a fondo perduto per tutte quelle attività che hanno subito un brusco calo di fatturato. A detta di alcuni interpellati sarà poi necessario modificare le norme sulla deducibilità degli interessi passivi e promuovere una manovra che agisca sulla propensione all’investimento e ai consumi, dando maggiore capacità di spesa al lavoratore dipendente a parità di costo per l’azienda.
Resta centrale, infine, il dialogo tra fisco e contribuente che deve mantenersi in uno stato di equità ed equilibrio.