Sono gli avvocati i più colpiti dalla crisi. Su circa 470 mila liberi professionisti che hanno richiesto il bonus da 600 euro alle Casse di previdenza nel mese di marzo, i legali sono 140 mila: praticamente, ogni tre professionisti che fanno domanda, uno è avvocato.
Non solo. Considerando la sola categoria forense, i legali che hanno richiesto il bonus alla Cassa sono il 60 per cento del totale degli iscritti. Una Caporetto. Il quadro emerge mettendo a confronto i dati resi noti dall’Adepp, che è l’Associazione che raccoglie tutti gli enti previdenziali, e quelli di Cassa forense in merito ai 600 euro stanziati dall’inizio dell’emergenza. Snocciolando i numeri nel dettaglio, i liberi professionisti che hanno fatto richiesta del bonus a marzo sono stati oltre 470 mila, ai quali si aggiungono circa 17 mila nuove istanze presentate finora per ottenere il bonus aprile, che com’è noto spetta di diritto a coloro che avevano già fatto domanda per il mese precedente.
Cassa forense, invece, ha comunicato che il totale delle domande liquidate per il reddito di ultima istanza, con riferimento al mese di marzo, ha riguardato 139.311 avvocati su 243 mila iscritti, per un totale di oltre 83 milioni di euro che la Cassa ha anticipato per conto dello Stato. Una situazione drammatica, che per gli avvocati è acuita anche da almeno un altro paio di congiunture: la ripartenza ritardata e a rilento della giustizia e l’assenza di una rappresentanza in grado di tenere alto il livello di confronto con il governo, che già ha dimostrato di non avere a cuore la causa dei liberi professionisti. Riguardo al primo punto, se è vero che i tribunali stanno riaprendo, le criticità di questa “fase 2” non mancano, come sottolineato da Le Fonti Legal in più occasioni, da ultimo nel corso della TV Week dedicata al diritto penale di impresa che ha visto la partecipazione dell’Unione delle camere penali e della Camera penale di Milano. Se i processi da remoto sono stati un flop, e per questo osteggiati da tutta l’avvocatura e da parte della magistratura, resta da vedere se i tribunali sono attrezzati per una “nuova normalità”, basata su un maggiore utilizzo della tecnologia che però ancora resta una criticità in buona parte degli uffici giudiziari sparsi sul territorio, a corto di risorse e di strutture.
La ripartenza della giustizia, però, non può aspettare ed è un aspetto cruciale sottolineato anche nell’intervista doppia di copertina che abbiamo realizzato al numero uno del team legale di Eni, Stefano Speroni, e all’avvocato penalista fondatore dello studio legale Fornari e Associati, Giuseppe Fornari. Non può aspettare perché dal suo funzionamento dipende non solo il lavoro stesso degli avvocati, ma anche le scelte degli investitori esteri e la tenuta del sistema paese: è più che mai urgente avviare lo smaltimento di un contenzioso che ha subito tre mesi di blocco e che rischia di implodere, tenendo conto anche dello sviluppo di nuovi reati legati all’emergenza Covid, a livello civile e penale. Riguardo al tema della rappresentanza, come già sottolineato a più riprese da Le Fonti Legal, oggi le alte sfere istituzionali dell’avvocatura sono bloccate e impantanate in liti interne che vanno avanti da anni (prova ne sono i numerosi contenziosi al Tar che vedono contrapposto il Cnf all’area associaziativa) e non sembrano avere fine, con il Consiglio nazionale forense decapitato dei suoi vertici.
Se quindi da un lato le battaglie e le sfide che gli avvocati sono chiamati a giocare nei prossimi mesi di certo non mancano, dall’altro quello che manca è chi sia in grado di tenere la barra dritta del timone di una barca alla deriva. Prima che affondi.