Whistleblowing, spunti operativi per i professionisti

Il Consiglio e la Fondazione nazionali dei commercialisti hanno pubblicato il documento “La disciplina del whistleblowing: indicazioni e spunti operativi per i professionisti”.

Il Consiglio e la Fondazione nazionali dei commercialisti hanno pubblicato il documento “La disciplina del whistleblowing: indicazioni e spunti operativi per i professionisti”. Il lavoro, elaborato nell’ambito dell’area “Diritto societario”, alla quale sono delegati i consiglieri nazionali Massimo Scotton e Lorenzo Sirch, e dell’area di delega “Sistemi di amministrazione e controllo”, alla quale è delegato il consigliere nazionale Raffaele Marcello, si avvale anche delle osservazioni e dei contributi di Abi (Associazione bancaria italiana), Aitra (Associazione italiana trasparenza e anticorruzione) e Aodv 231 (Associazione dei componenti degli organismi di vigilanza ex dlgs 231/2001). Lo studio parte da un riepilogo della normativa europea e internazionale sul whistleblowing, nonché sulla sua integrazione, nel nostro ordinamento, con altre normative di settore, come quella bancaria, finanziaria, assicurativa, antiriciclaggio, ponendo un’attenzione particolare sulle similitudini e differenze che la stessa disciplina del whistleblowing presenta in ambito pubblico e privato. In particolare, sono esaminati gli aspetti della disciplina che impattano sulle funzioni degli organi di controllo principalmente interessati, il responsabile per la prevenzione della corruzione e l’organismo di vigilanza, i cui ruoli in alcune circostanze tendono a sovrapporsi. Funzioni di controllo che, sia nel pubblico che nel privato, riguardano direttamente l’attività professionale dei commercialisti. Questi ultimi sono coinvolti, altresì, in qualità di consulenti di società ed enti del settore pubblico e privato nelle attività di adeguamento dei modelli di organizzazione, gestione e controllo di cui al dlgs 231/2001. In virtù delle modifiche introdotte dalla legge n. 179/2017, infatti, tali modelli devono prevedere appositi canali per la segnalazione circostanziata di condotte illecite o violazioni del medesimo modello, di cui i segnalanti siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. I canali implementati dall’ente devono essere tali da garantire la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione. Il documento, infine, sottolinea sotto il profilo aziendalistico l’importanza dell’adozione di un approccio integrato in relazione al tema della compliance, affinché il whistleblowing si inserisca in maniera organica nel sistema complessivo delle procedure eventualmente già esistenti, al fine di evitare duplicazioni o sovrapposizioni che rischierebbero di appesantire eccessivamente i processi operativi dell’ente. Nella ricerca di tale delicato punto di equilibrio tra esigenze di controllo e necessità di garantire adeguati livelli di efficienza aziendale, i commercialisti puntano a rivestire un ruolo di primo piano.
Per ciò che concerne il settore bancario e finanziario, dal punto di vista normativo, il documento richiama il dlgs 72/2015 che ha introdotto nel corpo del Tub e del Tuf, rispettivamente, gli artt. 52-bis e 4-undecies7, anticipando di fatto anche l’intervento della legge 179/2017. In particolare, l’art. 52-bis, comma 1, del dlgs 385/1993, dispone che “Le banche e le relative capogruppo adottano procedure specifiche per la segnalazione al proprio interno da parte del personale di atti o fatti che possano costituire una violazione delle norme disciplinanti l’attività bancaria”. Sul tema, in base alla delega ricevuta dalla norma primaria, la Banca d’Italia è intervenuta anche in via regolamentare, aggiornando la circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 e introducendo le specifiche disposizioni riguardanti il whistleblowing. Dal punto di vista soggettivo, i whistleblower possono essere i dipendenti e coloro che comunque operano nell’ambito della società in base a rapporti che ne determinano l’inserimento nell’organizzazione aziendale, ancorché in forma diversa rispetto alla stretta fattispecie di rapporto di lavoro subordinato. Il provvedimento in questione si limita a delineare i requisiti minimi necessari per la definizione dei sistemi di segnalazione, demandando all’autonomia degli istituti di credito la scelta delle soluzioni tecniche e operative più adeguate. Il compito di approvare tali meccanismi è attribuito all’organo con funzione di supervisione strategica, oltre al quale è necessario individuare altresì un soggetto responsabile dei sistemi interni di segnalazione, al fine di assicurare un efficace funzionamento di tali procedure. In base alle caratteristiche stabilite da Banca d’Italia, è necessario che i mezzi di segnalazione interna di eventuali violazioni della normativa siano in grado di garantire: la riservatezza e la protezione dei dati personali del segnalante e del soggetto eventualmente segnalato; che le segnalazioni siano ricevute, esaminate e valutate mediante canali specifici, autonomi e indipendenti che si differenzino dalle ordinarie linee di reporting; che i soggetti preposti alla ricezione, all’esame e alla valutazione delle segnalazioni non siano coinvolti in relazione a eventuali procedimenti decisionali, che saranno attribuiti alle funzioni o agli organi aziendali competenti; tali soggetti devono garantire altresì la tutela del segnalante da condotte ritorsive, discriminatorie o comunque sleali e conseguenti alla segnalazione; che le banche nominino un responsabile dei sistemi interni di segnalazione per garantire il corretto svolgimento del procedimento, che riferisca direttamente agli organi aziendali preposti le informazioni oggetto di segnalazione, ove rilevanti.

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